martedì 15 luglio 2014

Esssre "l'unico" e non "unico"

A volte vorrei essere l'unica. Non "unica" ma "l'unica". C'è differenza. Esssere unica significa non essere uguale in niente a nessuno al mondo. Mentre essere l'unica significa essere la sola persona. La sola persona in che senso, vi chiederete.
Vorrei essere l'unica a fare certe esperienze di vita, l'unica ad essere amata e odiata, l'unica a non essere gelosa, l'unica a essere felice e a non essere triste, l'unica a provare davvero un sentimento, l'umana tra i robot, l'unica in tutto.
Può sembrare egocentrismo ma non credo lo sia. A volte si sta meglio da soli che in compagnia, perche stando isolati dagli altri, non c'è nessuno con cui competere, e ci sentiamo bene, perchè ci sentiamo gli UNICI.
Ma, cari lettori, credo di aver scoperto che l'unica cosa in cui possiamo essere gli unici è il pensare con la nostra mente e lo scrivere col nostro cuore. Nessuno scrive e pensa come noi. E' cio che nasce e risiede in noi che non può nascere e risiedere in nessun altro.
Credo che sia qusto uno dei motivi per cui scrivo; perchè riesco a sentirmi l'unica. Perchè sono l'unica. Sono le parole di tutti, queste, che però io prendo dai libri di scuola, e faccio mie, le trasformo in un mio linguaggio. Sono parole di tutti che diventano parole mie.

giovedì 12 giugno 2014

Il Passato

Sono i piccoli gesti che ti fanno star male, Una virgola al posto sbagliato, un accento mancato. Mille cicatrici sono peggio di un unico taglio e sai perchè? Perchè sei stata ferita più volte al posto di una. Pittosto uccidii con un colpo di pistola ma non pugnalari 20 volte. Sono piena di cicatrici nel cuore e sul corpo. Ho imparato a nascondere le prime. Le altre come si possono celare? Sotto vestiti larghi? Cappucci e trucco? Le mie cicatrici raccontano il mio passato, e per questo le odio. Non i è mai piaciuto parlarne ricordarlo. Al posto di studiare come era il mondo ieri perchè non ci preoccupiamo di come è il mondo oggi e di come sarà domani. Il passato non si può cambiare. Immodificabile. Abbiamo ancora tempo di sfuggire alle pugnalate e di evitare una cicatrice in più, un segno di ciò che è oggi, ma che domani sarà ieri. Un segno del passato. Voglio eliminare il mio corpo da tutti questi brutti indizi che mi legano a ciò che sono stata. Non che non mi sia piaciuto, ma che non mi è più utile. A cosa mi serve ricordare che un giorno sono caduta dalla bicicletta e mi sono sbucciata un ginocchio? A cosa mi serve ricordare di un bel gelato, ricompensa da parte del nonno di essermi comportata bene? Brutto o bello che sia il ricordo, è passato e ricordarlo fa male. Se brutto fa ale perchè soffri. Se bello fa male perchè non puoi più riviverlo. A cosa serve ricordarmi di delusioni o vittorie se il tempo inanto scorre. Vorrei poter riportare indietro il tempo per poter scappare dalle situazioni che mi hanno lasciato cicatrici, e poi tornare al presente, guardare dentro e fuori e non vedere niente. Nessun indizio. Ricominciare da capo. Magari una vita migliore.

giovedì 5 giugno 2014

Dio uccide la libertà?


Sa perchè l'uomo ha bisogno di credere in Dio? Perchè ha paura. Dio è come un regolamento in un gioco da tavolo. Senza di lui non ci sarebbero istruzioni, regole, cose giuste o cose sbagliate. Senza di lui l'uomo sarebbe perso, non saprebbe cosa fare.
Supponiamo che Dio non esista. Lo abbiamo creato perchè la vita ci faceva paura. Perchè avevamo troppe domande, perchè eravamo troppo liberi. Ci siamo creati un dio perchè ci desse delle regole, ci desse una base su cui costruire la nostra storia, un punto di partenza e un fine. Perchè esisto? Chi mi ha creato? Da dove vengo? Che compito ho? Qual è il mio destino? Risposta: Dio.
Ecco cosa è Dio. Una risposta a qualcosa a cui non sappiamo rispondere, una via di fuga, un punto messo alla fine di una frase senza senso per convincerci che in realtà un senso la nostra frase ce l'ha.
Dopo averlo creato e usato come risposta a tutte le nostra domande, lo usiamo anche per punirci, per porci dei limiti, delle regole da rispettare, per porre alla nostra libertà una specie di muro oltre il quale non può passare. Fai questo e non quest'altro, rispetta questo e non quello. Regole, ordini, a cui abbiamo deciso di obbedire perchè abbiamo paura di disobbedire. Disobbedire significa anche ribellarsi e ribellarsi significa non avere la stessa opinione riguardo a qualcosa rispetto a qualcun'altro. Vuol dire pensarla in un altro modo. Vuol dire ragionare in un altro modo. E ragionando in un altro modo si è diversi. E diverso non è una buona cosa. Non per l'uomo che è una macchina. Ci siamo posti dei limiti per essere tutti uguali, per eliminare l'invidia, per evitare le guerre. Abbiamo trasformato l'uomo da un essere libero che poteva scegliere il suo destino, a un essere umano che ha condannato il suo destino. Ci siamo creati un dio perchè senza eravamo persi, ci sentivamo il nulla, vuoti, anzi proprio vuoti no, pieni di paura. Paure e angosce. Perchè il mondo è troppo grande e non no sappiamo niente. Perchè l'uomo è troppo complicato e noi non ci capiamo niente. L'uomo si è creato un dio per poter smettere di torturarsi con queste domande sulla vita che non hanno una risposta, e che se te le poni una prima volta te le porrai per l'eternità. L'uomo aveva paura di cadere nella trappola, di rimanere incastrato in questa ragnatela di domande, ma in realtà è accaduto il contrario. Creandosi un dio l'uomo ha ucciso la sua libertà, decidendo di credere a una cosa piuttosto che ragionare per ore su mille altre cose. Si potrebbe dire che l'uomo si è creato un dio perchè è vigliacco. E la vigliaccheria è la paura di affrontare la realtà. E la realtà è soltanto un libro pieno di domande alle quali non si può rispondere mai definitivamente.


venerdì 2 maggio 2014

"Non sono mai stato tanto attaccato alla vita"

"Non sono mai stata tanto attaccata alla vita".
So che può sembrare banale, superfluo, insensato. Ma sento che adesso è il momento in cui non ho voglia di morire. Non in questo esatto momento , ma ultimamente. Sto leggendo un libro intitolato "100 giorni di felicità". Narra, anzi, ti racconta di un uomo che scopre di avere un cancro. "Cre brutta la parola cancro" dice. Per questo decide di chiamarlo l'amico Fritz. Per farlo sembrare più innocuo, più debole. Fatto questo nuovo amico e scoperto di avere solo 100 giorni per vivere, decide di fare ciò che ha sempre voluto fare, agendo d'istinto, come quasi mai nessuno fa, come quelli che hanno paura di morire non fanno.
"Se fossi ricco e facessi una bella, anzi lussuosa vita, me ne starei sul divano a riflettere sulla morte. Ma sono povero, invece, e devo pensare a vivere, anzi, non devo pensare, devo vivere". Cosa faresti se scoprissi di avere solo 100 giorni prima di morire? Lui pnsa di farsi una lunga lista ma la verità è che non ci riesce. Non riesce a pensare. Mi metto nei suoi panni. Ho il cancro adesso. Io morirò fra 100 giorni. E' difficile agire. Riesco solo a immaginarmi immobile, a fissare quell'ecografia e a riflettere su quanto è stato bastardo il mio amico Fritz. Bastardo traditore. Assassino. Non  credo che riuscirei a vivere. Mi sentirei già morta sapendo che morirò.
Lo so, lo so a cosa sta pensando Prof.
Pensa che tutti sanno che moriranno. Ma è diverso. Questo è peggio. In questo caso io so quando. La verità è che l'uomo ha sempre avuto bisogno di una data di scadenza. Sul cibo, per costringerci a finirlo, sulla scuola, per costringerci a studiare, sul lavoro, su verifiche, su test, su prodotti, pagamenti, rese dei conti. Ma non credo che l'uomo abbia sempre avuto bisogno di una data di scadenza sulla vita. Questo no. Sapere quando si morirà è come dare un gelato a un bambino e dirgli che si scioglierà. Non si gusta. Non si vive. Per questo dico che saremmo già morti se sapessimo quando moriremo. Perchè non avremmo più speranza. Saremmo assaliti o meglo travolti dalla paura, o meglio, dall'angoscia. Avremmo un limite di tempo per svolgere le cose, un limite di tempo per costruirci una vita. E poi? Buttarla via. Perderla. Così. Durante questi 100 giorni penserei soltanto al passato o al futuro. Non riuscirei a focalizzarmi sul presente. Vivrei tra ricordi e sogni. Tra delusioni e speranze. Tanto a cosa servirebbe crearsi un presente se poi lo si getterà via come uno straccio sudicio.
In questo momento ho paura di morire. In questo momento voglio andare a farmi tutti gli esami del mondo per scoprire se anche io ho una data di scadenza, se anche io sono un oggetto che prima o poi sarà troppo usato e rovinato per poter funzionare ancora.
Davvero. Ci pensi. Domani va a farsi una visita e scopre di avere un cancro e che le rimangono solo 100 giorni. Che cosa farebbe lei Professore? Sicuro che si sveglierebbe la mattina presto, che andrebbe a lavro, che solo a volte da soddisfazioni, che lavorerebbe fino a tardi per poi tornare a casa, stanco, mangiare del cibo con data di scadenza e addormentarsi, che so, se è fortunato davanti a un libro? O magari non si sveglierebbe proprio? O magari lei è uno di quelle persone che farebbero tutto ciò che non hanno mai avuto il coraggio di fare? O magari, lei, è uno come me? Risposta personale. Ovviamente. Mi piacerebbe sapere la risposta, ovviamente, ma magari è fin troppo personale.
Cosa farebbe se scoprisse di avere solo 100 giorni per VIVERE?
Sul retro di questo libro c'è scritto: "Ho scoperto di dover morire per iniziare a vivere".
Non so quando morirò. Ma so che non vivrò in eterno. E davvero voglio sprecare, perchè è questo quello che facciamo, la mia vita facendo cose che non mi va di fare? Riflettendo prima di agire?
Pensare porta via molto tempo, a volte fin troppo.
"Non sono mai stata tanto attaccata alla vita".

venerdì 14 febbraio 2014

Inettitudine e attivismo, pessimismo e ottimismo, io nel mondo

Nel 900' gli inetti, persone che non agiscono, erano protagonisti di romanzi, mentre Dante Alighieri nella Divina Commedia, li condanna all'inferno dove vengono continuamente punti da vespe e tormentati da mosconi. Mi chiedo il perché. Perché persone senza voglia di agire devono essere così fortemente, così duramente punite? Perché devono essere lodate? Che pensava Dante? Che pensavano gli scrittori del 900'?
Immagino un uomo, seduto su un divano, immobile, occhi fissi nel vuoto. Perché fa cosi?
Immagino sia stanco, stanco di agire, stanco del mondo e della società in cui si ritrova, stanco di non riuscire a migliorare il mondo. L'unica cosa che gli è rimasta da fare è guardare. Guardare il mondo andare avanti e tornare indietro, guardare persone agire e fallire, guardare gli altri faticare per nulla. Per questo credo sia inetto. Perché è stanco di non vedere cambiamenti dopo il suo agire. Parlo di un uomo che in passato era attivo ma che ora è inetto perché il suo attivismo non ha portato ai risultati in cui credeva. A quelli in cui sperava. A quelli che voleva.
Che fastidio ti da quest'uomo Dante? Pensi che non avrebbe dovuto mollare, forse. Allora puniscilo.
Puniscilo perché ha perso la speranza, puniscilo perché ha smesso di credere, puniscilo perché non vuole più essere attivo e ottimista. Puniscilo per questo. Puniscilo perché ha rinunciato.
Puniscilo perché ha smesso di combattere la battaglia della vita.
Se invece parlassi di un uomo che non è mai stato attivo? Che non è mai stato ottimista? Che è sempre stato inetto e pessimista? Punirlo perché? Ti da forse fastidio, Dante, che gli altri fatichino e che lui si goda la vita? Fastidio perché lui sta a guardare mentre gli altri fanno? Fastidio perché non merita la vita datagli da Dio? Fastidio perché non sfrutta la possibilità di agire?
Magari, Dante, quest'uomo non la voleva nemmeno una vita. Magari ha mai desiderato nascere. Magari non vuole vivere la vita che Dio gli ha dato appunto per punire quest'ultimo, ovvero, magari vuole punire Dio per avergli dato una vita che lui non ha mai voluto. Allora puniscilo Dante.
Puniscilo perché non ha sfruttato la sua occasione, puniscilo perché è rimasto ad aspettare e a guardare, puniscilo perché ha disubbidito a Dio, ovvero, puniscilo perché ha avuto il coraggio di punire Dio non vivendo la vita datagli.
Puniscilo perché non ha mai combattuto la battaglia della vita.
Tormentali Dante, falli correre. Senza pause, per sempre. Falli stancare Dante. Fagli fare tutto quello che in vita non hanno fatto.
Voi scrittori del 900' che li lodate, voi, che li premiate. Perché? Deduco li ammiriate.
Ammirate persone che nella loro esistenza sono riuscite a mostrare indifferenza verso tutto. Sono riusciti a non farsi coinvolgere in niente. Alcuni sono riusciti a godersi la vita senza dover faticare. Sono riusciti a guardare gli altri lavorare.
Immagino un uomo, su un divano, che guarda nel vuoto, poi il mondo, poi sorride. Sorride e aspetta. Aspetta che il mondo venga cambiato, aspetta che il mondo diventi quello che lui sogna, Quello che lui vuole.
Lodatelo, perché ha pazienza, lodatelo perché è ottimista.
Lodatelo perché non combatte la battaglia della vita che non vuole.
Parlo adesso invece di un uomo, seduto su un divano, che fissa solo nel vuoto, con sguardo d'indifferenza, con sguardo perso.
Lodatelo perché non si mette in mezzo, lodatelo perché rimane in disparte, lodatelo perché non sceglie né tra giusto e sbagliato, né tra bene e male. Lodatelo perché non da fastidio a nessuno, lodatelo perché fa quello che vuole.
Lodatelo perché no combatte la battaglia della vita che non vuole vivere.
Dante puniscili perché sono pessimisti.
Scrittori lodateli perché sono ottimisti.
Dante puniscili perché non agiscono.
Scrittori lodateli perché non fanno ciò che non vogliono fare.
Secondo Dante vivere significa fare, agire. E per agire devi essere ottimista. E per esserlo devi credere.
Ma, in realtà, pensateci bene, non è così come dice Dante. Una persona può benissimo essere ottimista e inetta, credendo ma lasciando fare agli altri, come una persona può benissimo essere pessimista e attiva, non credendo ma agendo lo stesso. Tutti noi siamo così. Parlo di me adesso, ma sono sicura che il mio esempio vi farà pensare anche a voi stessi.
Credo nell'Italia come paese e credo nella possibilità di migliorarlo. Ma, non agisco. Aspetto che gli altri lo migliorino al posto mio. Gli altri chi? Quelli ottimisti e attivi che credono nell'Italia e che fanno di tutto per migliorare questo paese. Ma anche quelli pessimisti e attivi, che non ci credono ma che ci provano lo stesso. Qui io sono ottimista e inetta, perché credo ma non agisco.
Ho sempre preferito gli Stati Uniti d'America all'Italia, e il mio sogno è sempre stato quello di vivere là e di aiutare quel paese a crescere e migliorare. So comunque, che allo stesso tempo lì ci sono persone come me nell'esempio precedente, ovvero persone che sperano che il loro paese migliori ma che non agiscono. Loro sono ottimisti e inetti mentre io qui, sono ottimista e attiva.
Dubito fortemente, anzi, quasi non credo, che quello che una volta era la mia famiglia torni ad esserlo. Ma agisco lo stesso, provando a rimettere insieme i pezzi del puzzle, distrutto molto tempo fa.
Sono qui, pessimista e attiva.
Ci sono molte persone che non credono in ciò che fanno eppure lo fanno lo stesso. Tanto provare non costa nulla. Queste sono pessimiste e attive come me nell'esempio precedente. Vi ritrovate in ciò che dico? Nella vostra vita quotidiana potete cambiare spessissimo. Passare da ottimisti a pessimisti, da attivi a inetti e viceversa.
Quello che per ultimo voglio dire è che nessuno dovrebbe essere punito. Né attivi né inetti, né ottimisti né pessimisti. Perché alla fine ognuno fa quello che vuole fare.
C'è chi ha bisogno di motivi per agire e chi non ne ha. C'è chi ha bisogno di speranza e chi no.
Per questo c'è chi la vede in un modo e chi nell'altro.
Per questo Dante punisce e gli scrittori del 900' lodano.






Desirèe Fugazzola